|
L'importanza dell'acqua per
l'uomo è sempre stata fondamentale, in particolar modo nel periodo
medievale perché‚ gli usi che ne facevano erano svariati e comprendevano
quello artigianale (per macinare il grano, lavorare il cuoio e le pelli,
per la gualcatura della lana e in seguito per la produzione della
carta), quello alimentare (per bere, per cucinare e per abbeverare gli
animali), quello agricolo e quello igienico. L'acqua veniva poi
utilizzata per spegnere gli incendi che, nell'antichità, erano purtroppo
molto frequenti.
Siena - a differenza di
molte città, non soltanto italiane, sviluppate sulle rive di un fiume -
nasce sulla cima di tre colline in una posizione meno malsana e più
difendibile dagli attacchi nemici, ma molto distante da grossi corsi
d'acqua. I fiumi intorno a Siena, infatti, o sono lontani (Merse, Elsa,
Ombrone) o, seppur vicini, avevano una portata d'acqua assai scarsa in
certi periodi dell'anno (Arbia, Tressa, Staggia).
Da qui la necessità per i
Senesi di ricorrere alla costruzione di fonti limitrofe alla città che
sfruttassero vene esistenti o addirittura vecchie fonti o pozzi di epoca
romana o etrusca.
Le fonti Senesi non essendo
utilizzate esclusivamente per scopi alimentari, si caratterizzavano per
la loro essenziale funzionalità: per questo motivo le fonti erano per lo
più suddivise in tre vasche di raccolta, collocate a vari livelli di
altezza. Quella collocata più in alto, che riceveva l'"acqua nova"
che sgorgava dal muro, rappresentava quella che oggi chiameremmo l'"acqua
corrente" da utilizzare per bere e cucinare. La seconda vasca si
alimentava dal "supero" della prima e, essendo meno pulita, serviva per
abbeverare gli animali. Nella terza, collocata in basso, si potevano
lavare i panni senza rischiare di sporcare le altre. Il trabocco finale,
poi, veniva utilizzato per scopi artigianali (ad esempio per lubrificare
le mole degli arrotini) o per innaffiare i campi circostanti. I due
bacini, indistintamente, servivano poi come perenne riserva d'acqua in
caso di incendi.
Fu nelle valli che
trovarono ubicazione le fonti: questo perché‚ l'acqua che vi sgorgava
veniva (ed è) raccolta da piccole vene del sottosuolo tramite acquedotti
sotterranei, che a volte si allontanavano per chilometri dalla fonte
stessa. E' ovvio che, in mancanza di mezzi idraulici adeguati, l'acqua
poteva scorrere solo per la forza di gravità, dall'alto in basso, e
quindi lo sbocco finale (la fonte) doveva trovarsi nel luogo più in
basso.
Inizialmente le fonti erano
tutte situate fuori dalle mura cittadine, che nel tempo, ampliandosi, le
hanno ricomprese quasi tutte. Riguardo alle caratteristiche estetiche ed
architettoniche, le fonti furono, nel tempo, coperte con delle volte per
proteggere l'acqua raccolta nel bacino dagli agenti atmosferici
(pioggia, vento...) e dall'incuria della gente che, abituata come oggi a
gettare l'immondizia giù dalle scarpate, avrebbe potuto inquinarle.
Inoltre, sopra le volte, si cominciarono a costruire delle merlature
rendendo così le fonti delle vere e proprie fortificazioni avanzate
(bicocche), cioè gli antiporti della città. In più furono assegnate, alle
principali fonti, delle guarnigioni di soldati, permanenti o meno, con lo
scopo di difenderle dai nemici che, distrutta la fonte e tolta l'acqua
alla città, avrebbero messo facilmente in ginocchio la popolazione
senese.
Oltre ai militari vi erano dei custodi pagati dal comune che avevano il
compito di sorvegliare la fonte ed il suo bottino e di far rispettare le
leggi, che erano al tempo molto severe in quanto l'acqua era un bene
ritenuto indispensabile; c'era ad esempio il divieto di sporcare
l'acqua, di fare un uso improprio dei bacini, di usare recipienti
sporchi per riempirli d'acqua, di gettare rifiuti nell'acqua, di non
introdursi nei bottini e così via. Talvolta, se la colpa era
particolarmente grave, si poteva arrivare a punire il trasgressore anche
con la pena di morte: si racconta infatti che una donna, accusata nel
1262 di essere una strega e di aver cercato di avvelenare l'acqua, venne
letteralmente "squartata" davanti all'intera cittadinanza.
Le fonti medievali di Siena
sono dei veri e propri capolavori architettonici, arrivati fino a noi
nella loro bellezza originaria: si possono ammirare per il centro
storico o per le aree verdi a ridosso del'ultima cerchia muraria. Sono
alimentate da una rete di 25 Km di gallerie scavate nella sabbia, che
raccolgono le infiltrazioni d'acqua dai terreni della campagna
circostante e la trasportano in città: un gioiello di ingegneria
idraulica tre-quattrocentesca, ancora oggi funzionante, che ha
consentito a Siena di avere una grande disponibilità di acqua nonostante
l'assenza di un fiume, e di diventare una delle città medievali più
ricche e popolose d'Europa.
Alcuni tratti di queste vie
d'acqua, detti "Bottini" per la forma "a botte" della volta, sono
visitabili previa prenotazione.
Alla scoperta dei "Bottini"
Questa tecnica di approvvigionamento idrico non ha uguali nel mondo.
Certo, le gallerie drenanti sono utilizzate da millenni nelle oasi del
Medio Oriente e nel Nord Africa, ed in Europa sono state utilizzate fin
dai tempi degli Etruschi e dei Romani, tanto che esempi simili si
trovano anche a Tarquinia, Veio, Caere, ed in alcuni piccoli borghi
della provincia di Siena. Solo a Siena, però, i bottini sono associati
ad uno sviluppo urbano, ed hanno consentito di costruire una delle città
medievali più belle e ricche, che poteva competere con quelle costruite
su un grande fiume come l'eterna rivale Firenze.
Le prime testimonianze
storiche di gallerie usate per l'approvvigionamento idrico di Siena
risalgono al 394 d.C., ma i grandi lavori iniziarono nell'XI secolo per
rispondere alle esigenze di una popolazione in espansione. Quando si
individuava la presenza di acqua, come una piccola sorgente, si iniziava
a scavare una galleria che seguiva la vena d'acqua, risalendo con una
lieve pendenza, tenendosi sempre tra i due strati che formano le colline
senesi: uno superiore di sabbia, che filtra l'acqua piovana, e l'altro
sottostante di argilla, che la trattiene. Sono le le sabbie e le argille
sedimentate sul fondo di un antico mare. Si tratta di suggestive
gallerie ad altezza d'uomo, scavate nella sabbia o rivestite con una
volta di mattoni l'acqua scorre in un piccolo canale (gorello), fatto di
docci di terracotta. Nel tratto finale, prima di sfociare nella vasca
della fonte, passa dalle vasche di decantazione (purgatori o galazzoni).
Un gioiello di ingegneria
idraulica che ha rappresentato per Siena l'unica fonte di acqua potabile
fino alla prima guerra mondiale e ancora oggi funzionante. Tuttavia, nei
tratti più lontani dalle fonti, a 4-5 Km a nord della città, i bottini
sono a rischio di interramento, a causa delle frane, della penetrazione
di radici, dell'accumulo di fango nel gorello. Questo sistema di
approvvigionamento idrico richiede infatti una notevole manutenzione. Da
diversi anni, però, l'Associazione La Diana opera per il recupero, la
manutenzione e la valorizzazione di questo patrimonio.
Alcuni tratti di questo
straordinario mondo sotterraneo sono visitabili, (l'Associazione
La Diana fornisce le guide per la visita ai tratti aperti alle
visite turistiche) ma bisogna avere la pazienza di prenotare con largo
anticipo. La scelta è tra i bottini di Fonte Gaia, Fonte Nuova d'Ovile e
Fonti di Pescaia, dove si può anche visitare il Museo dell'Acqua.
Si tratta di suggestive
gallerie ad altezza d'uomo, scavate nella sabbia o rivestite con una
volta di mattoni, in cui l'acqua scorre in un piccolo canale centrale (gorello), fatto di
docci di terracotta. Nel tratto finale, prima di sfociare nella vasca
della fonte, passa dalle vasche di decantazione (purgatori o galazzoni).
Nei bottini possiamo anche
incontrare delle targhe che indicano la quantità di dadi che poteva
ricevere un certo utente: il dado era un forellino al centro di una
piastra che sbarrava il canaletto di derivazione, e si potevano avere
contratti per 1/2 dado, 1, 2, 3 dadi. Queste targhe risalgono
all'ottocento, quando le famiglie più ricche, che avevano abitazioni
vicine al percorso dei bottini, si allacciavano all'acquedotto ed
avevano l'acqua "in casa", mentre il resto della popolazione doveva
continuare a recarsi alla fonte pubblica.
Queste sono le uniche
modifiche che i bottini hanno subito da quando sono stati costruiti.
I bottini consentono anche
di immergersi nelle antiche leggende, come quella della Diana, il grande
fiume sotterraneo che i senesi hanno sempre cercato, tanto che in due
punti della città credevano di sentirne il rumore, meritandosi di essere
presi in giro da Dante nella Divina Commedia.
Altre leggende riguardano
gli abitatori dei bottini, i gioiosi homiccioli ed i dispettosi
fuggisoli, che venivano avvistati dagli addetti alla manutenzione che
venivano pagati in vino e venivano chiamati "guerci" perché quando
tornavano in superficie erano accecati dalla luce.
Le fonti in epoca medievale
hanno svolto un ruolo di enorme importanza per la città di Siena, che
andava ben oltre la semplice fornitura d'acqua alla popolazione e agli
animali, essendo indispensabili anche per il funzionamento dei mulini e
per le operazioni di conciatura e tintura dei panni.
Le Fonti a Siena, non
soltanto rappresentano episodi notevolissimi di architettura gotica,
interpretati in maniera originale - le grandi arcate fortemente
sestiacute sono quanto mai "senesi" -, ma costituiscono la parte
visibile di una complessa e ardita rete sotterranea di acquedotti, i
Bottini appunto, che adducevano acqua alla città da sorgenti lontane
molti chilometri (verso il Chianti), un capolavoro di ingegneria
idraulica medioevale troppo poco conosciuto.
|
|